Comincio a gettare il seme di una discussione che mi sta a cuore: e cioè che quel che caratterizza un'opera d'arte è la forma. E quindi, anche un buon romanzo.
Per far questo, lascio la parola a due scrittori: Stevenson e Poe. A distanza di anni, infatti, i due hanno detto cose molto simili.
Ecco Poe, in "La filosofia della composizione":
Molti scrittori preferiscono far credere che compongono con una specie di sottile frenesia o estatica intuizione, e certo rabbrividirebbero se dovessero consentire al pubblico di dare un'occhiata dietro la scena e vedere le ruote e i rocchetti, i paranchi per il cambiamento di scena, le scale e le trappole... tutto l'equipaggiamento che 99 volte su 100 costituisce la prassi comune dell'histrio letterario.
Gli fa eco Stevenson, in "Alcuni elementi tecnici dello stile nella letteratura" (titolo che è tutto un programma):
Non c'è effetto più smagante per l'uomo del mettere a nudo le molle e i meccanismi di qualunque arte. Ogni nostra arte o mestiere svolge il proprio incantamento in superficie: è in superficie che ne percepiamo la bellezza, la pregnanza, il significato. A grattar sotto, restiamo sempre sgomenti del vuoto, e sbalorditi dinnanzi alla rude congerie di funi e di pulegge...
Se avessimo la capacità di scoprire l'origine di quegli artifici, impiegati più o meno consapevolmente, che riteniamo poco dignitosi per un artista serio, ne trarremmo indicazioni sulla raffinatezza del senso molto più sottili di quanto crediamo, nonché un lontano riverbero delle antiche armonie della natura...
Devo avvertire quel ben noto personaggio che è il lettore comune che, in queste pagine, mi sono imbarcato in un'impresa sgradevole: quella di staccare il dipinto dalla parete per scrutare dietro la tela o, come il bambino armeggione, di smontare il balocco sonoro per vedere com'è fatto dentro.
Non voglio certo arguire, sulla scorta di queste autorevoli valutazioni, che la letteratura e le altre arti siano riducibili a pura meccanica: ma solo che lo scrittore non scrive le proprie opere in pieno, e cieco, furore creativo. E se è vero che, più in là, parlerò anzi di come molti scrittori lavorino spesso a livello inconscio (lo stesso Stevenson affermerà questo), credo comunque che non esista contraddizione: solo dopo aver appreso le tecniche, infatti, l'artista può lavorare a livello inconscio. Bisogna imparare il mestiere per poter lavorare, con successo, a livello inconscio.
Provate a scendere le scale badando a mettere un piede avanti all'altro, e cadrete.
Ma provate a scendere le scale senza saper camminare: non ve la caverete molto meglio.
Per far questo, lascio la parola a due scrittori: Stevenson e Poe. A distanza di anni, infatti, i due hanno detto cose molto simili.
Ecco Poe, in "La filosofia della composizione":
Molti scrittori preferiscono far credere che compongono con una specie di sottile frenesia o estatica intuizione, e certo rabbrividirebbero se dovessero consentire al pubblico di dare un'occhiata dietro la scena e vedere le ruote e i rocchetti, i paranchi per il cambiamento di scena, le scale e le trappole... tutto l'equipaggiamento che 99 volte su 100 costituisce la prassi comune dell'histrio letterario.
Gli fa eco Stevenson, in "Alcuni elementi tecnici dello stile nella letteratura" (titolo che è tutto un programma):
Non c'è effetto più smagante per l'uomo del mettere a nudo le molle e i meccanismi di qualunque arte. Ogni nostra arte o mestiere svolge il proprio incantamento in superficie: è in superficie che ne percepiamo la bellezza, la pregnanza, il significato. A grattar sotto, restiamo sempre sgomenti del vuoto, e sbalorditi dinnanzi alla rude congerie di funi e di pulegge...
Se avessimo la capacità di scoprire l'origine di quegli artifici, impiegati più o meno consapevolmente, che riteniamo poco dignitosi per un artista serio, ne trarremmo indicazioni sulla raffinatezza del senso molto più sottili di quanto crediamo, nonché un lontano riverbero delle antiche armonie della natura...
Devo avvertire quel ben noto personaggio che è il lettore comune che, in queste pagine, mi sono imbarcato in un'impresa sgradevole: quella di staccare il dipinto dalla parete per scrutare dietro la tela o, come il bambino armeggione, di smontare il balocco sonoro per vedere com'è fatto dentro.
Non voglio certo arguire, sulla scorta di queste autorevoli valutazioni, che la letteratura e le altre arti siano riducibili a pura meccanica: ma solo che lo scrittore non scrive le proprie opere in pieno, e cieco, furore creativo. E se è vero che, più in là, parlerò anzi di come molti scrittori lavorino spesso a livello inconscio (lo stesso Stevenson affermerà questo), credo comunque che non esista contraddizione: solo dopo aver appreso le tecniche, infatti, l'artista può lavorare a livello inconscio. Bisogna imparare il mestiere per poter lavorare, con successo, a livello inconscio.
Provate a scendere le scale badando a mettere un piede avanti all'altro, e cadrete.
Ma provate a scendere le scale senza saper camminare: non ve la caverete molto meglio.
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