Massimo Pietroselli: romanzi e antologie

lunedì 7 aprile 2008

La Busta di Manila si ipostatizza!

La Busta di Manila ha abbandonato la virtualità della Rete per approdare in libreria!
E' successo il 6 aprile scorso, alla Libreria Rinascita di Via Alpino 48 in Roma, dove alcuni autori del gruppo RomaGialloFactory hanno dato vita al primo appuntamento intitolato, appunto, alla Busta di Manila. Partecipavano Carmen Iarrera, Giulio Leoni, Nicola Verde, Luigi De Pascalis, Enrico Luceri, Massimo Mongai e il sottoscritto.
L'incontro, annunciato da un trailer che potete vedere qui, aveva per oggetto la creatività all'interno della narrativa di genere, mystery in particolare.
Cos'è venuto fuori?
Che le famose "idee" lo scrittore non le "prende", ma gli arrivano, come a tutti, continuamente. Solo, lo scrittore è più attento a fiutarle, a percepirle e a selezionare quelle potenzialmente valide. Ad alcuni le idee arrivano mentre stanno per addormentarsi, ad altri in sogno, ad altri ancora mentre stanno camminando lungo una strada (leggermente) in salita. A certuni mentre guidano la macchina; per questo, tengono dei post-it a portata di mano e una certa dose di amore per il rischio nell'animo.
Questo significa quel che il cognitivismo sa da tempo: ovvero, che l'attività conscia del cervello è largamente sopravvalutata. La maggior parte dei problemi vengono affrontati dalla mente in modo pre- o sub-conscio, e restituiti all'attenzione della coscienza una volta elaborati. La coscienza serve per impostare il problema, non per risolverlo. Per semplificare un discorso complesso: una volta imparata a portare l'auto, lo facciamo inconsciamente. Anzi, se ci mettiamo a pensare al piede che abbandona la frizione, è la volta che ci impalliamo. Allo stesso modo, lo scacchista di valore non esamina tutte le mosse possibili (questo lo fa il computer): si concentra sulle due o tre che istintivamente "vede" essere buone. Per chi vuol saperne di più sul tema, consiglio il libro di Julian Jaynes "Il crollo della mente bicamerale e l'origine della coscienza", ormai un classico.
Un'idea per un giallo avrà in genere a che vedere con un movente, con un omicidio particolare, con un indizio spiazzante; ma anche con un'atmosfera, con un personaggio, con un dettaglio, come una scarpa rossa abbandonata lungo il marciapiede.
Il "tipo" di idea determina di solito il tipo di giallo che si scriverà: un suspense richiede molta attenzione ai personaggi e all'ambientazione e molto di meno al motore della vicenda (quello che Hichcock liquidava come un "Macguffin"), un giallo a enigma richiede una situazione delittuosa complessa, e a questa situazione i personaggi possono esser sacrificati. Patricia Highsmith e Agatha Christie venivano sollecitate da tipi di idee molto diverse, perché diverse erano le loro personalità e i loro interessi.
Questi spunti vengono poi elaborati con l'aiuto del mestiere. Difatti, in fondo l'idea non può essere separata dalla struttura narrativa, che in un giallo è molto importante ed è, in parte, codificata o comunque presenta caratteristiche ricorrenti (lo stesso accade con le fiabe: se ho un'idea per una fiaba, in seguito i punti salienti individuati da Vladimir Propp mi aiutano a svilupparla in una scaletta di massima, che poi limerò e adatterò secondo la mia creatività).
Questo porta ad affrontare il tema dei ferri del mestiere. Ma dopo quasi due ore di discussione, RGF ha dato forfait e appuntamento alla prossima volta!

Nessun commento: