Questo thread ha visto finora parlare sull'argomento Gadda, Nabokov e Greene.
E' un po' grossa per un blog che si occupa di letteratura di genere. Tuttavia, riservandomi di lasciare prima o poi la parola a Raymond Chandler, ho deciso di inserire in questa quarta puntata un nome altrettanto illustre.
Luigi Pirandello.
Anche lui aveva le sue opinioni sulla verosimiglianza nell'arte.
Ecco, a beneficio di coloro che si arrovellano sul tema, alcune sue riflessioni riportate alla fine di "Il Fu Mattia Pascal", nel suo caratteristico stile lucido e paradossale a un tempo. La postfazione si intitola "Avvertenza sugli scrupoli della fantasia", e trovo che definire "scrupoli della fantasia" l'almanaccare sulla verosimiglianza, sia delizioso!
La vita, per tutte le sfacciate assurdità, piccole e grandi, di cui beatamente è piena, ha l'inestimabile privilegio di poter fare a meno di quella stupidissima verosimiglianza, a cui l'arte crede suo dovere obbedire.
Le assurdità della vita non hanno bisogno di parer verosimili, perché sono vere. All'opposto di quelle dell'arte che, per parer vere, hanno bisogno d'esser verosimili. E allora, verosimili, non sono più assurdità.
Un caso della vita può essere assurdo; un'opera d'arte, se è opera d'arte, no.
Ne segue che tacciare d'assurdità e d'inverosimiglianza, in nome della vita, un'opera d'arte è balordaggine.
In nome dell'arte, sì; in nome della vita, no.