Massimo Pietroselli: romanzi e antologie

giovedì 10 gennaio 2008

La dura vita dello scrittore di gialli

Frédéric Charles Antoine Dard (1921 - 2000) è, con Georges Simenon, il compulsive writer per eccellenza. Qualche numero: Tra il 1940 ed il 2000 ha scritto 288 romanzi, 250 storie brevi e 20 rappresentazioni teatrali. Ha venduto 240 milioni di libri e gli sono state dedicate decine di tesi universitarie.
E' noto in tutto il mondo per le inchieste del Commissario Sanantonio, che anche da noi hanno conosciuto un vasto successo soprattutto negli anni '70, quando la Mondadori le spedì in edicola a riempire il vuoto lasciato dalla conclusione della saga di Maigret. Se non le avete mai lette, fatelo: si trovano facilmente sulle bancarelle dell'usato, a riprova di quante ne sono state vendute.
I romanzi di Sanantonio si basano su trame ricche di colpi di scena, spesso inverosimili, impepate di sesso e politicamente scorrettissime, come avrebbe forse potuto scriverle un Edgar Wallace convertito all'hard-boiled school; ma la loro vera peculiarità sta nella lingua pirotecnica, zeppa di neologismi (se ne contano 15.000), nelle metafore ardite, in digressioni filosofiche sulla vita l'universo e tutto quanto, e in citazioni-prese in giro che lasciano supporre un autore molto più colto del pubblico cui, almeno all'inizio, si rivolgeva. Insomma, uno Jacovitti del poliziesco, il tipico scrittore che i critici amano riscoprire dopo averlo ignorato per anni.
Scriveva il Paese Sera: "Dard colloca le avventure del suo commissario in un tessuto della più bella tradizione: il poliziesco d'azione con tutti gli elementi costitutivi ormai divenuti canonici... ma egli svuota questi elementi della loro serietà, ne rode la carica aggressiva, mette in discussione la loro posizione di fattori di un universo preordinato, in modo che la "realtà" della finzione cade ed il lettore è coinvolto in un procedimento "consapevolmente" fittizio, in un racconto gioco."
Orbene, in un romanzo dall'emblematico titolo: "La vita privata di Walter Klozett" (che tra l'altro costituisce un punto di svolta nella saga, perché qui il commissario rassegna le dimissioni dal servizio, come - prima di lui - un altro grande personaggio della letteratura di genere), il nostro Dard abbandona a se stesso lo sviluppo della storia per una delle sue digressioni: sulla dura vita dello scrittore di gialli. Sentiamolo.

La scocciatura, nel poliziesco, è che bisogna sempre spiegare tutto: il fatto, il come, il perché, tutto preciso, senza lasciar nulla nell'ombra, senza nulla omettere, sempre alla luce del sole dato che noialtri lavoriamo nel cartesiano. Dobbiamo essere ligi alla verità ed è inclusa nel nostro contratto. Ergastolani smarriti, eccoci a spaccare le parole come fossero pietre, a incasellare parole, a intrecciare frasi, panierai di sotto-sotto-sotto letteratura abietta, inquinante, depravante, cinica, volgare, pornografica, oscena, insomma commerciale. Siamo responsabili di quello che inventiamo. Ogni gag è un boomerang che ti becchi in un angolo della faccia se non fai rigorosamente attenzione, se non hai il giusto riflesso di schivare la fine della traiettoria. Lanciare è facile. Al momento di imbracciare qualsiasi tiratore gode del beneficio dell'ammirazione. E' incontestato all'inizio della sua azione. Nessuno lo mette in dubbio finché non ha premuto il grilletto. Ma se sbaglia il bersaglio, il suo credito va alla malora. Per noialtri fessi della penna, è la stessa cosa. Terribilmente uguale. Puoi inventargli qualsiasi cosa, al lettore. La più incredibile, la più suspensosa, lui la inghiotte, contento, un vero struzzo. Glaup! Sennonché, non credere che la digerisca. E' un ruminante, quel piffero. Piazza tutto su un calcolatore elettronico, ti aspetta al varco. Se sbagli, eccoti carbonizzato nella sua soffitta delle meningi là dove sciabordano le meschinerie universali. Mangiata viva la tua reputazione! Annullata come un assegno a vuoto!

Era o no un genio, il buon Dard? Dovrebbero metterlo all'ingresso delle scuole di scrittura creativa, questo pezzo.

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