Massimo Pietroselli: romanzi e antologie

sabato 19 gennaio 2008

Dame Agatha Christie o Miss Jenna Jameson?

Non si tratta di uno di quei sondaggi che imperversano sui nostri canali televisivi (di solito tramite esosi numeri a pagamento), bensì di una "provocazione" del buon vecchio Nabokov: il giallo è in fondo come la pornografia. Provocazione non è la parola esatta, poiché si vedrà subito che Nabokov pensa davvero quel che scrive. E forse, da un certo punto di vista, non ha tutti i torti: il giudizio spetta al paziente lettore di questo disordinato blog.
Lo scrittore, nella postfazione a "Lolita", si ritrova ovviamente a polemizzare con le accuse di pornografia e oscenità che hanno accompagnato l'uscita del romanzo. La sua obiezione è che "Oscenità" non ha e non può avere nulla a che fare con "Letteratura", per questo motivo:

L'oscenità deve accoppiarsi con la banalità, perché qualsiasi genere di godimento estetico dev'essere interamente sostituito dal semplice stimolo sessuale, il quale, per avere un'immediata efficacia sul paziente, esige la terminologia tradizionale. Per far sì che il suo paziente abbia le stesse garanzie di soddisfazione, il pornografo deve conformarsi a regole vecchie e rigide...

Fin qui, credo siamo tutti d'accordo: è un po' quello che sostiene anche Umberto Eco in un suo articolo in "Dalla periferia dell'impero". Ma ecco come continua Nabokov:

... proprio come nel caso, per esempio, degli appassionati di romanzi polizieschi - storie in cui, se non si sta attenti, può saltar fuori, con grande disappunto del lettore, che il vero assassino è l'originalità artistica (chi vorrebbe, per esempio, un poliziesco senza un solo dialogo?). Così, nei romanzi pornografici, l'azione deve limitarsi alla copula dei cliché. Lo stile, la struttura, le immagini non dovrebbero mai distrarre il lettore dalla sua tiepida lussuria. Il romanzo deve consistere in un'alternanza di scene sessuali. I passaggi tra l'una e l'altra scena devono ridursi a suture di significato, ponti logici dal disegno elementare, brevi esposizioni e spiegazioni...

Una cosa è certa: Nabokov non amava i gialli. Si potrebbe facilmente ribattere che, probabilmente per questo, ne ha letti pochissimi: altrimenti non si sarebbe espresso così.
Da un certo punto di vista, però, Nabokov non ha tutti i torti: se guardiamo alle celebri venti regole di Van Dine su come si scrive un buon giallo, ci troviamo di fronte a frasi del genere:

Un romanzo poliziesco non deve contenere descrizioni troppo diffuse, pezzi di bravura letteraria, analisi psicologiche troppo insistenti, presentazioni di "atmosfera": tutte cose che non hanno vitale importanza in un romanzo di indagine poliziesca. Esse rallentano l'azione, distraggono dallo scopo principale che é: porre un problema, analizzarlo, condurlo a una conclusione positiva. Si capisce che ci deve essere quel tanto di descrizione e di studio di carattere che é necessario per dar verosimiglianza alla narrazione...
Non ci deve essere una storia d'amore troppo interessante. Lo scopo é di condurre un criminale davanti alla Giustizia, non due innamorati all'altare.
Una storia poliziesca deve riflettere le esperienze quotidiane del lettore, costituisce una valvola di sicurezza delle sue stesse emozioni...

E' ovvio che queste raccomandazioni sono superate, spazzate via da scrittori come Hammett, Chandler, Simenon, Scerbanenco, Rendell e così via. E tuttavia, come non vedere che i cliché sono sempre in agguato (il noir ne ha inventati a bizzeffe!), che lo stile viene limitato necessariamente dal contenuto? Lo stile, la struttura e le immagini non devono distrarre il lettore di pornografia dalla lussuria; fino a che punto, invece, possono distrarre il lettore di polizieschi dalla scoperta del colpevole o dalla conclusione della caccia al serial killer?

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