Massimo Pietroselli: romanzi e antologie

mercoledì 5 dicembre 2007

Stuart Kaminsky: come scrivo un romanzo

Poiché viviamo in tempi di Scrittura Creativa imperante, può essere divertente sapere come gli scrittori affrontano un romanzo.
Stuart Kaminsky, ad esempio, è uno scrittore di gialli. Ha ideato diverse serie fortunate, prima tra tutte quella con protagonista lo scalcinato detective privato Toby Peters. Ambientati nella Los Angeles degli anni '40, questi romanzi sfoggiano una gustosa reinvenzione della città di Marlowe e degli Studios hollywoodiani, dialoghi brillanti e personaggi famosi, da Gary Cooper a Albert Einstein, da John Wayne a Eleanor Roosevelt, da Fred Astaire a Salvador Dalì, tutti elementi che ci consentono di perdonar loro (ai romanzi, dico) una certa debolezza di trama. L'anno scorso ha vinto il prestigioso Grand Master Award, assegnato dalla Mystery Writers of America. Pubblicati inizialmente nel Giallo Mondadori, adesso trovate i suoi romanzi per i tipi della Alacran Edizioni.

Bene. I cari, vecchi Gialli Mondadori riservano sempre delle sorprese (un giorno o l'altro vorrei riprodurre qualche articoletto del Mandarino, ad esempio, o alcune voci dell'Enciclopedia del Giallo che apparve a dispense per molti numeri). Per il momento mi sono imbattuto, in appendice al numero 1741 del 13 giugno 1982 ("Mezzanotte di Fuoco", di Kaminsky), in un'intervista di Lia Volpatti al giallista, che si trovava a Roma per lavorare alla sceneggiatura di "C'era una volta in America" (ne curerà i dialoghi, o meglio l'adattamento dei dialoghi dall'italiano all'americano). Poiché viviamo in tempi di Scrittura Creativa imperante, può essere divertente sapere come gli scrittori di gialli affrontano un romanzo.

Ecco di seguito un brano dell'intervista, proprio sullo specifico tema della costruzione di un romanzo della serie Toby Peters.

Come pianifica la stesura di un romanzo?

Penso a una trama per due, tre, anche quattro mesi. Non scrivo nulla, non prendo appunti, non traccio un outline. Penso e basta. Poi scrivo le prime quattro o cinque pagine. Ci penso su ancora qualche giorno e poi parto. Una volta partito scrivo dalle dieci alle venti pagine al giorno, ogni giorno, finché il romanzo non è finito.

La ricostruzione di quegli anni e la ricostruzione della vita di questi personaggi sono molto precise e dettagliate. E' evidente che lei svolge una grande quantità di ricerche. Dove va a saccheggiare tutto questo materiale?

Faccio ricerche sulla Hollywood del periodo che mi interessa in quel momento. Leggo i giornali dell'epoca, tutti i giornali, dalla prima riga fino all'ultima, vado a Los Angeles, cammino per le strade, osservo le strade, parlo con gente che è vissuta in quel periodo, rileggo i miei libri preferiti, frugo nelle biblioteche, studio le biografie, ascolto vecchi spettacoli radiofonici, vado a vedere vecchi film.

Quanto c'è di vero nella ricostruzione di questi personaggi? E quanto di inventato?
Cerco di immaginare, mi sforzo di farlo sempre, come questa gente poteva essere. Come doveva parlare. E poi li ricostruisco in base a una mia interpretazione. Cioè come io sento, immagino che avrebbero potuto parlare, vivere una situazione. Quindi sui dettagli reali innesto una mia interpretazione, una mia fantasia nella quale si mescolano nostalgia e amore.



Qual è l'elemento più importante in una storia? Trama, ambiente, personaggi, atmosfera
Personaggi, decisamente. Sono i personaggi giusti che danno la chiave per la trama. Ecco perché Agatha Christie è grande. Le sue diaboliche trame sono sostenute da personaggi fantastici. Cosa che invece non accade nei romanzi di Ellery Queen. La trama può essere bellissima ma se non ci sono personaggi che la sostengono non serve a nulla.

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