Massimo Pietroselli: romanzi e antologie

lunedì 9 giugno 2008

L'inconscio, il cuoco e lo scrittore

La domanda che tutti gli scrittori temono è: ma dove trovi le idee?
Isaac Asimov rispondeva che le idee sono così facili da trovare che si pagano un tanto la dozzina: ma il Buon Dottore era un caso particolare, come testimonia la sua sterminata produzione. E in realtà è vero che una storia si può trarre da qualunque spunto: il problema è piuttosto organizzare la narrazione, costruirla. Ed è altrettanto vero che questi "spunti" li abbiamo tutti, solo che lo scrittore è più pronto a individuarli, a dar retta alle spinte della fantasia, ad assecondarle.
D'altra parte, le idee non si trovano: ti vengono. E da dove? Ma dall'inconscio, che domande!
Piluccando tra le interviste e gli appunti degli scrittori, due analogie per l'attività creativa ricorrono curiosamente: il pozzo - la cantina (ovvero l'inconscio) e la cucina. Sì, la cucina.
Ecco per esempio Graham Greene parlare di una cantina che ospita un personaggio ai suoi servizi (da"Vie di scampo"):
L'inconscio collabora a tutte le nostre opere: è un nègre che teniamo in cantina affinché ci aiuti. Quando un ostacolo sembra insormontabile, leggo il lavoro fatto durante il giorno, prima di addormentarmi, e lascio che sia il nègre a faticare in mia vece. Quando mi sveglio, l'ostacolo è stato quasi sempre rimosso: ecco la soluzione, e ovvia per giunta... forse è venuta in un sogno che ho dimenticato.
Per far lavorare il nègre, Ernest Hemingway consigliava di stancarsi fisicamente, far ginnastica o l'amore: ma questo dipende, suppongo, dal suo vitalismo.
In "Festa Mobile", Hemingway parla di pozzo, invece che di cantina: ma la sostanza non cambia.
Avevo già imparato a non vuotare mai il pozzo della mia fantasia, ma a fermarmi sempre quando c'era ancora qualcosa, là in fondo, e a lasciare che tornasse a riempirsi durante la notte con l'acqua delle sorgenti che lo alimentavano.
Là in fondo, le sorgenti che lo alimentano durante la notte, il nègre in cantina: bellissime suggestioni sul mistero della creatività.

Quanto alla cucina, ecco cosa scriveva Robert Louis Stevenson a W. Craibe Angus:
Sono ancora un lentone, e covo a lungo in silenzio le mie uova. Pensiero inconscio, ecco l'unico sistema; macerate il soggetto, fatelo bollire lentamente, alzate il coperchio e guardate. Il piatto è pronto, buono o cattivo che sia.
"Bollire" come sinonimo di coltivare un'intuizione, un'idea? La pensa così anche Greene, che nell'introduzione a "I commedianti" scrive:
Una caratteristica fisica, un modo di esprimersi, un aneddoto... tutto ciò viene fatto bollire nella cucina del subcosciente e, nella maggior parte dei casi, emerge irriconoscibile anche per il cuoco.
Insomma, lo scrittore è un cuoco che ha scarso potere sulla riuscita del piatto?

2 commenti:

StefaPask ha detto...

Questo tuo post è davvero interessante, l'argomento poi, la consapevolezza dei grandi autori verso un inconscio che continua a lavorare, e non l'immagine d'una landa confusa o esultante, mi interessa molto. In passato mi è parso che abbandonando il lavoro creativo io sacrifichi ad altro qualcosa di unico e che mai tornerà...sapevo che non era un giusto credere, che c'era del romanticismo un pò stantio, ed ora ne trovo la conferma nelle metafore che hai riportato. grazie e a presto.

Pippo ha detto...

Grazie a te!
E coltiva il tuo inconscio, dopotutto è la parte maggiore di ognuno di noi e non è giusto che non paghi nemmeno le tasse!